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#prism

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@Quinnypig the sheer fact that #Microsoft and #Windows11 ain't banned across the #EU to this day is an indictment to the #TechIlliteracy of politicans in the @EUCommission & @europarl_en despite

and now

And since @GossiTheDog managed to get it running on a system w/o "#AI" acceleration aka. "#NPU" it's safe to assume that it'll be perfectly possible to retroactively shove it down everyones' throats without recourse!

  • Actually there are options for recourse besides "#ThoughtsAndPrayers" that regulators like @bsi would actually take this seriously:

Like: Stop using #Windows and get some help migrating away from it to a good #Linux distro!

GitHubGitHub - kkarhan/windows-ca-backdoor-fix: Fixes a critical backdoor in Windows' CryptoAPI, which allows to unconsenting Update of CA Certificates in the background. See https://www.heise.de/ct/ausgabe/2013-17-Zweifelhafte-Updates-gefaehrden-SSL-Verschluesselung-2317589.htmlFixes a critical backdoor in Windows' CryptoAPI, which allows to unconsenting Update of CA Certificates in the background. See https://www.heise.de/ct/ausgabe/2013-17-Zweifelhafte-Updates-gefae...
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@fennix @renard @Em0nM4stodon Don't even get me started on #GDPR & #BDSG...

Sadly, @bsi has yet to ban #Windows10 despite it being unable to be setup to comply at all...

#Windows11 is already worse than that and I feel it's high time shit like that gets criminalized...

After all, if IT professionals can't offer their services to their own GP due to "dataprotection concerns" then literal #Spyware (#Recall) within a #Govware-OS makes that a complete non-starter...

10 anni fa scoppiava il caso #Snowden: ecco come ha cambiato le nostre vite

Denunciando la sorveglianza di massa nel 2013, il whistleblower americano ha cambiato profondamente il modo in cui guardiamo a internet. Un decennio dopo, viviamo ancora nelle conseguenze di quelle rivelazioni.

Il 6 giugno del 2013, dieci anni fa, il quotidiano britannico The Guardian pubblicava il primo articolo di una lunga serie dedicata alla sorveglianza di massa da parte della National Security Agency (NSA) degli Stati Uniti. Quel primo articolo si riferiva a come l’intelligence Usa potesse raccogliere i dati telefonici di milioni di clienti statunitensi di Verizon, uno dei maggiori fornitori di servizi di telecomunicazione, in base a un’ordinanza top secret. L’articolo era basato proprio sul testo di quell’ordinanza, ottenuto dal quotidiano di Londra da una fonte interna alla NSA cui era stato garantito l’anonimato. L’articolo conteneva la prima delle rivelazioni di Edward Snowden, ex membro dell'intelligence Usa e uno dei maggiori whistleblower della sua generazione. A quell’articolo ne sono seguiti decine di altri che, nel complesso, hanno costruito uno dei maggiori casi giornalistici di questa epoca, la cui eco si fa ancora sentire a un decennio di distanza.

Al caso Snowden si devono infatti molte cose e in primis una mai così dettagliata ricostruzione di come funzionino le operazioni di sorveglianza in questa epoca e quanto diffuse esse siano anche da parte di governi saldamente democratici. Per quanto il focus delle rivelazioni di Snowden fosse principalmente sugli Stati Uniti e i paesi ad essi più strettamente alleati, i materiali forniti dal whsitleblower hanno mostrato, prove alla mano, le varie possibilità a disposizione dei governi per raccogliere e analizzare dati prodotti dalla digitalizzazione e come questa raccolta sia, in molti casi, in pieno contrasto con i diritti fondamentali. In secondo luogo, Snowden ha mostrato come, spesso, i mondi delle aziende tech della Silicon Valley e quello dell’intelligence fossero vicini, spesso in modo quasi simbiotico, come nel caso del programma #Prism, forse il più noto (ma anche il più frainteso) tra quelli analizzati dai giornalisti coinvolti nelle indagini dei materiali forniti da Snowden.
Andando però oltre i dettagli tecnici della sorveglianza della NSA, si può affermare come al caso Snowden si debbano molti dei dibattiti pubblici ancora in corso attorno a temi fondamentali come privacy e data justice che da allora si sono susseguiti e che oggi tornano in modo ancora più evidente nel contesto dell’intelligenza artificiale. Se il tema della riservatezza e dei diritti digitali è oggi al centro di buona parte delle questioni tecnologiche lo si deve in buona parte al bing bang iniziato con il caso Snowden dieci anni fa. Consequenze indirette del caso Snowden sono anche molte scelte normative avvenute negli ultimi anni, a cominciare dal #GDPR in Europa fino alla recente multa record inflitta a #Meta per come i dati degli utenti europei sono trattati negli Stati Uniti. La lista potrebbe però essere però molto più lunga, proprio perché l’esplosione del caso Snowden, come pochi altri casi simili in tempi recenti, ha letteralmente tracciato una riga che divide la storia di internet tra un prima e un dopo. Tutt’ora, insomma, è impossibile tracciare tutte le conseguenze di quello che è stato definito come “Snowden Effect”.

Dieci anni, nei termini di internet, sono un’eternità, letteralmente un’era geologica. Eppure, i documenti forniti da Snowden ai giornalisti nel 2013 sono tutt’ora di estrema attualità perché, come ha scritto la ricercatrice Kate Crawford, offrono uno spaccato senza precedenti del periodo storico che ha segnato l'ascesa delle tecniche che è possibile inserire sotto il generico cappello di “big data” e che oggi, per esempio, sono al centro di come funzionano strumenti come #ChatGPT e i large language model (LLM). I documenti di Snowden, insomma, raccontavano di come si potessero intercettare a scopi di sorveglianza i cavi sottomarini che fanno funzionare internet, ma, includevano già le prime avvisaglie dell'assetto tecnologico-politico oggi dominante e votato alla quantificazione e alla datafication di ogni attività umana. Questo non significa, certamente, che prima di Snowden questi temi non esistessero: nell’accademia si parla di surveillance studies almeno dagli anni ’70 e il mondo dell’attivismo digitale e dell’hacking ne discute a sua volta da diversi decenni. Snowden, però, ha fatto di queste questioni un tema in tutto e per tutto politico, consentendo a queste questioni critiche di entrare direttamente nelle agende più importanti e più coinvolte, compresa quel settore tecnologico, da allora estremamente più attento – almeno sulla carta – alle questioni di privacy e sicurezza.

Per quanto questi temi ora esistano e siano dibattuti più che mai, altrettanto non si può dire del successo di molte delle battaglie insite nei file di Snowden. Dirlo solleva non poca amarezza, ma si tratta di battaglie in buona parte perdute: viviamo, infatti, in un mondo ancora più sorvegliato - sia da governi che da entità private -e dove gli occhi e i sensori in grado di monitorarci si sono, se possibile, ulteriormente moltiplicati nel business come nella politica. La sorveglianza biometrica, per esempio - quella svolta tramite riconoscimento facciale, tra gli altri – è più in voga che mai in un campo che è ancora poco o nulla normato, mentre l’industria della sorveglianza ha trovato negli #spyware – ancora non così sviluppati nel 2013 come sono invece oggi – una nuova direzione di espansione e un ricco settore di business, anche in Italia.
Le rivelazioni di Snowden, però, hanno certamente rotto il velo di ipocrisia attorno al modo in cui parliamo di internet, hanno contribuito alla demistificazione di diversi miti attorno alla tecnologia e aperto il campo per far sì che una critica della digitalizzazione possa esistere e avvenire in spazi pubblici che prima non le erano concessi. Da un punto di vista più politico, inoltre, hanno rappresentato un momento di profonda riflessione sullo stato di salute della democrazia e di come questa possa essere messa in discussione o come internet possa essere usata per scopi e finalità in contrasto con i principi democratici. Infine, il caso ha ricordato come il #whistleblowing – una pratica le cui origini sono da cercare ben prima di quelle di internet – sia, insieme al giornalismo, uno strumento fondamentale in una società governata troppo spesso da “scatole nere” tecnologiche e non il cui scrutinio è spesso impossibile. Insieme a Chelsea Manning, la fonte delle maggiori pubblicazioni di WikiLeaks, Edward Snowden va indubbiamente considerato come il whistleblower quintessenziale della sua generazione, nonché come uno dei maggiori ispiratori di una serie di fughe di notizie di rilevanza mondiale che si sono susseguite a partire dal 2013.

La fuga in #Russia

In questa storia vi è poi quella personale di Edward Snowden stesso e delle conseguenze che la scelta di diventare whistleblower hanno avuto sulla sua vita privata. Dieci anni dopo, infatti, Snowden è ancora formalmente ricercato dagli Stati Uniti per spionaggio, nonostante sia stato una fonte giornalistica e non altro e nonostante il profondo interesse pubblico delle sue denunce sia stato confermato da sentenze di tribunali Usa che hanno definito come “illegali” alcune delle pratiche denunciate da Snowden stesso. Né Obama, né Trump prima né Biden ora hanno optato per far cadere i capi di accusa contro Snowden che, se condannato, verrebbe con ogni probabilità incarcerato per scontare una pena molto lunga, come già Chelsea Manning e gli altri whistleblower statunitensi che hanno esposto denunce nell’ambito della sicurezza nazionale. Nel frattempo, Snowden si trova da dieci anni in Russia, paese dove è diventato padre due volte, dove si è sposato e di cui ha recentemente ricevuto il passaporto.
È bene ricordare, perché la questione è ancora spesso ritenuta controversa, che Snowden non si trova in Russia per sua scelta, ma per le conseguenze della revoca dei suoi documenti americani avvenuta mentre il whistleblower si trovava in scalo a Mosca e in viaggio verso l’Ecuador, paese ad avergli concesso asilo politico nel 2013, contrariamente a qualsiasi altro governo occidentale. Non ci sono dubbi che la Russia, già dieci anni fa, ma specialmente ora, sia forse il peggior luogo dove trovarsi per Snowden – che ha comunque in più occasioni contestato il regime – ma le energie spese in editoriali per attaccare Snowden e il suo presunto non essere sufficientemente coraggioso (o peggio) nel criticare il Cremlino potrebbero essere spese nel fare pressione sulle nostre democrazie affinché sia tesa una mano, dieci anni dopo, nei confronti del whistleblower.
Anche dopo un decennio, però, la spinta per la caduta delle accuse statunitensi, richiesta da più parti, o in alternativa per una qualche forma di clemenza o sostegno diplomatico, sembra essere l’unico tra i riconoscimenti non a disposizione di Edward Snowden.

https://www.wired.it/article/10-anni-caso-snowden/
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@jerry This seems like a good thread for my security concern.

I noticed a “translate” link on my post. Clicked it to see what would be used. Was disturbed to find that it’s #DeepL. This is a Tor-hostile #Cloudflare site that misleads people into thinking security is taken seriously. Which is the same thing that happends with libretranslate.com.

In principle it’d be most secure to run Argos Translate on the server. But that’s also a heavy process. If translation must be outsourced, I suggest translate.fedilab.app. It’s the same engine as #libretranslate, but without sharing translations with CF.

(edit) guess it’s a good time to republish this:

❌ #GoogleTranslate (#PRISM)
❌ #YandexTranslate [tax(profits) →Putin’s war]
❌ #DeepL (shares sensitive txt w/tech giant; misleads ppl about it)
❌ #LibreTranslate.com (shares sensitive txt w/tech giant; no privacy policy; solicits trust w/buzz phrases “libre”, “free & open”)
🤷 #lingva.ml (FOSS frontend; still Google)
🤷 translate.fedilab.app (no privacy policy but no evidence of mishandling data either)

Running locally:
✅ #ArgosTranslate
✅ #Apertium.org
✅ #translatelocally.com (EU funded)

So apparently the #Facebook #Messenger is going to get "End to End #encryption this year.

End-to-end is good on principle but don't get fooled. This app is proprietary so this encryption is absolutely worthless. You have to blindly believe them they didn't add any secret government backdoor to break the encyrption. And a backdoor is likely, due to the #PRISM surveillance program.

I never trust #prorietary #software because they have something to hide. I trust Facebook even less.

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@heiseonline Da der Messenger #proprietär ist, kann man alle Versprechungen zur Verschlüsselung komplett ignorieren. Auch E2E nützt hier gar nichts, da die Implementierung intransparent ist. Man muss ihnen blind glauben, dass sie KEIN fieses Hintertürchen eingebaut haben; nachvollziehbar ist das nicht. Schnüffelei ist angesichts von #PRISM hier ohnehin wahrscheinlich.

Wer Sicherheit will, misstraut proprietärer Software.

Continued thread

…According to #Prism, You requested the #Festival #Director #LawrenceMinhBùiDavis, to submit a #report his request specifically mentioned the #Trans and #Nonbinary #ReadingRoom, described as possibly one of the festival’s most “#sensitive#occurrences because of the growing number of #bookbans directed at #transgender and #nonbinary #writers, according to the #WashingtonPost.

Within hours of Davis’s #report responding to the request being submitted, You #emailed out #news of the #cancellation